Il padronato vuole scaricare interamente il peso della crisi sui lavoratori - di Loredana Sasia

Materiali del seminario nazionale di Lavoro Società

“La stagione contrattuale in Filcams per una contrattazione inclusiva” (2)

Nel turismo, nel commercio e nei servizi sono più di 3 milioni i dipendenti che affrontano una forte crisi economica che ha portato a chiusure di aziende o riduzioni del personale, a disdette dei contratti integrativi e a processi di riorganizzazione del lavoro che non hanno tenuto conto delle conciliazioni dei tempi di vita con quelli del lavoro in settori prevalentemente femminili.

Il rinnovo dei contratti collettivi nazionali del commercio con Confcommercio e Confesercenti e le conseguenti difficoltà riscontrate nell’erogazione degli aumenti salariali conclusasi con l’ultimo accordo del 26 settembre 2017, è avvenuto in un contesto particolare di concorrenza tra associazioni datoriali frammentate, nella crisi dei consumi e nella globalizzazione, con Federdistribuzione che applica unilateralmente un “regolamento” di settore con condizioni differenti che rischiano di mettere in difficoltà chi si è assunto la responsabilità di firmare un contratto dignitoso. Una Federdistribuzione che getta la maschera dimostrando di non voler giungere ad alcun rinnovo contrattuale con l’uscita dagli enti bilaterali e con aumenti salariali ben lontani da quanto contrattato nel rinnovo del ccnl del terziario. Lavoratori che a parità di mansioni si trovano un salario differente a seconda dell’azienda in cui operano all’interno anche dei centri commerciali, una situazione non sostenibile.

Il contratto della Cooperazione distributiva è un altro contratto con proprie specificità rivendicate nella nostra piattaforma che risulta essere scaduto da ormai oltre 3 anni con questioni dirimenti che segnano forti contrapposizioni ai tavoli, con richieste pesanti di riduzioni dei costi del lavoro per un riallineamento su contratti di Confcommercio e in alcuni fasi addirittura di Federdistribuzione, con un peggioramento delle condizioni salariali e normative.

La crisi dei consumi dovuta ad un calo del potere di acquisto delle famiglie per la riduzione dei salari; tra i più bassi d’Europa, ha causato una riduzione delle vendite e del fatturato nelle gdo, manifestandosi differentemente a seconda del gruppo, con la scelta successiva da parte dei gruppi di fare ricadere esclusivamente sui lavoratori la crisi, con una riduzione del numero degli occupati nel tempo, dei salari e dell’organizzazione del lavoro.

La crisi si è manifestata prevalentemente negli ipermercati con una crisi dei no food, con uno sviluppo invece da parte dei formati discount e superstore per la propulsione di vendite e di attrazione a fronte dei cali dei redditi familiari, oltre ad assistere sempre più a processi di vendite online e/o catene di nuovi operatori specializzati entrati recentemente nel mercato nazionale come Zara e H&M.

A fronte di questa situazione, le grandi aziende hanno disdettato contratti nazionali come quello del commercio per cercare di fare un unico contratto di settore, hanno disdettato accordi integrativi, in altri casi non li hanno rinnovati e hanno tentato di modificare l’organizzazione del lavoro più confacente ai flussi delle domande di consumi e richiedendo maggiore flessibilità.

Analizzando i dati dell’occupazione si osserva un’enorme passaggio dai tempi pieni ai part time anche per salvaguardare l’occupazione e le aziende hanno iniziato ad utilizzare molti part time flessibili nella durata modificando la distribuzione settimanale per essere più rispondenti ai flussi della clientela e all’attività lavorativa.

E’ aumentato il part time involontario (2008 con il 43%, 2010 con il 53%, 2012 con il 62%, 2014 con il 71%) accompagnato da un incremento delle assunzioni a tempo indeterminato per la legge di stabilità del 2015 e delle assunzioni part time maschili che hanno determinato una maggiore flessibilità in mano alle aziende.

Nel frattempo anche il decreto Salva Italia di Monti con la liberalizzazione delle aperture domenicali e festive ha incrementato le tensioni con le organizzazioni sindacali, in quanto si è passati dal decreto Bersani che prevedeva 12 o 13 domeniche aperte all’80%. Questa decisione non ha determinato un aumento delle vendite, ma uno spostamento del fatturato nella giornata del sabato, della domenica o del festivo con un peggioramento delle condizioni di lavoro, con atteggiamenti unilaterali delle aziende di modifica degli orari di lavoro distribuendoli in determinati giorni in funzione dei flussi della domanda riducendo così il numero delle ore lavorate, delle ore straordinarie, dei supplementari con il blocco delle assunzioni.

A fronte degli accordi sindacali siglati in questi anni si sono identificate per il futuro e si dovranno definire ulteriori direttrici di inclusività, per includere chi è escluso, per ridefinire le azioni di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per il rischio che si corre di esclusione dal mondo del lavoro delle donne e quindi di nuova povertà e arretramento culturale.
Le sfide che ci aspettano in questo settore saranno molte e riguarderanno anche molto la gestione dell’organizzazione del lavoro, nella difesa della contrattazione sugli orari di lavoro, sulla qualità del lavoro, sulla stabilizzazione dei contratti e per impedire le deroghe.

E’ importante rafforzare il ruolo dei delegati del settore, mettendoli sempre più in rete tra loro, come tra l’altro si sta facendo, per una maggiore rappresentanza nei luoghi di lavoro, nella formazione e nell’informazione sostenuta anche da momenti di incontro e di confronto per la definizione di linee guida che devono avere anche una regia confederale. Il fare cultura è fondamentale in questo periodo storico per le battaglie che mettiamo in campo, per fare controinformazione rispetto alle notizie dei mass media e per un progresso sociale e di emancipazione nel paese. 


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