Banche: c'è alternanza - di Riccardo Chiari

Ora che Paolo Gentiloni ha proposto Ignazio Visco per un secondo mandato alla guida della Banca d’Italia, e facilmente immaginando che Sergio Mattarella – la nomina finale spetta al Presidente della Repubblica – abbia gradito l’indicazione, la domanda è d’obbligo: che cosa succederà di qui alle elezioni di primavera, durante una campagna in cui non mancheranno colpi bassi e narrazioni inquinate, vera cartina di tornasole di un paese che resta anormale?

Nei giorni scorsi, l’audizione di Francesco Greco alla commissione bicamerale di inchiesta sulle banche è arrivata nel momento più indicato, visto che in contemporanea Visco era stato di fatto sfiduciato da una mozione del Pd. Il procuratore capo di Milano – dove ha sede la Borsa – ha nei suoi uffici ben 57 indagini finanziarie. Per giunta Greco è un esperto del settore, fin da quando era il quarto pm di Mani Pulite insieme alla trimurti Di Pietro-Colombo-Davigo. Il magistrato requirente ha spiegato con chiarezza lo stato delle cose. Dallo scaricabarile fra le autorità di vigilanza, all’ignavia di chi avrebbe potuto denunciare per tempo – e non lo ha fatto – le patologie di questa o quella banca.

Soprattutto, rispetto alle sottovalutazioni da parte di Bankitalia e Consob delle crisi bancarie, la valutazione di Greco è stata quella che più si avvicina alla verità storica: “Spesso c’è stato un approccio prudente, giustificato dal fatto di volere evitare danni sistemici”. Al tempo stesso è arrivato un monito: “Bisogna avere la capacità di bilanciare un atteggiamento prudente con le necessità di fare chiarezza”. Perché nella crisi “nessuno è stato esente da responsabilità”. Con il risultato di avere 172 miliardi di crediti deteriorati netti, di cui un terzo senza reali garanzie.

Nessuno è stato esente da responsabilità, sentenzia Greco. Nemmeno i governi che dal 2008 ad oggi hanno condiviso con Bankitalia tutta la parabola delle crisi bancarie, i cui costi sono lievitati anche e soprattutto a causa della sottovalutazione dei problemi, e del tasso di improvvisazione con cui questi sono stati affrontati. Sul punto anche l’esecutivo di Matteo Renzi – dal 2014 al 2016 – è stato un disastro: vedi le affermazioni che il Monte dei Paschi era ormai risanato, e che la situazione delle due banche venete non era così disperata. Peraltro i guai sono ancora più antichi, visto che si è permessa (con Mario Draghi governatore) l’operazione Antoveneta da parte di Mps, nonostante i 9 miliardi pagati a Santander senza nessun controllo sui conti. Un’operazione comunque osannata da tutta la comunità finanziaria, e che portò Giuseppe Mussari (banchiere dell’anno 2008...) a diventare presidente dell’Abi, associazione dei banchieri italiani, non solo nel 2008 ma perfino nel 2010, quando non solo gli addetti ai lavori avvertivano gli scricchiolii di Rocca Salimbeni.

Morale: se Bankitalia ha le sue, gravissime, colpe, chi è senza peccato scagli la prima pietra. Non certo il Pd. E poi, di fondo, il problema non è il blitz strumentale di Renzi ma il “Sistema” edificato negli ultimi 35 anni. Un sistema finanziario che, osservano Riccardo Petrella e Roberto Musacchio, “è diventato quanto di più contro l’umanità si possa immaginare. Un sistema che letteralmente scommette contro la vita”. Un sistema che va combattuto, perché c’è alternativa.


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