Lavoro Società in Filcams e il Congresso - di Andrea Montagni

La decisione formale di posticipare il XVIII Congresso della CGIL ha segnato – sembra un paradosso ma non lo è – l’avvio della discussione in preparazione del congresso stesso. Il dibattito interno nei prossimi mesi e le tappe già fissate, a partire dalla conferenza programmatica, sarà tutto finalizzato al congresso. Del resto le commissioni preparatorie – quella sulle regole e quella politica – sono già da tempo state elette dal Direttivo nazionale e attendono che la segreteria confederale consegni loro una prima proposta di regolamento e di tesi (o che altro venga deciso).

Il congresso confederale porta con sé anche la convocazione dei congressi delle federazioni di categoria che costituiscono parte integrante del complesso meccanismo congressuale. Le assemblee di base di luogo di lavoro costituiscono contemporaneamente l’assemblea congressuale degli iscritti tanto della Confederazione che della categoria, come ben sanno i nostri iscritti.

Il XV congresso della FILCAMS-CGIL non è ancora stato convocato. Lo sarà dopo che sarà stato formalmente convocato il congresso della CGIL. In questo momento la categoria è impegnata sul fronte dei rinnovi contrattuali e sarebbe una forzatura sostenere che il congresso sia in questo momento il principale assillo dei cuori e delle teste dei delegati, dei funzionari e dei dirigenti. Non solo perché la categoria ha visto in questi anni successivi al XIV congresso un ricambio diffuso, essendo diventata un importante bacino per il ricambio dei gruppi dirigenti confederali, ma anche perché il terreno contrattuale si presenta come il più accidentato e difficile della storia della categoria. (23 sono i contratti che la categoria firma e ben 13 quelli non ancora rinnovati, tra i quali quelli rilevanti per numero di addetti interessati della grande distribuzione organizzata e cooperativa, del turismo comprese le grandi catene della ristorazione, le mense scolastiche e i multiservizi).

La FILCAMS ha alle spalle una robusta elaborazione sul terreno dei diritti e della linea rivendicativa che ha trovato modo di essere largamente socializzata in iniziative larghe rivolte al quadro attivo e che è condivisa in modo pressoché unanime. Ma questa ricchezza si scontra con una difficoltà crescente di tenuta sul piano contrattuale.

La FILCAMS conosce le difficoltà di settori in crisi (per la crisi del modello della grande distribuzione organizzata e il crollo della domanda interna nella crisi, della crisi industriale per il settore commerciale legato alla produzione, alla edilizia, ecc. per la politica di spending review che ha tagliato appalti tra gli altri) con alcune eccezioni, con alcune eccezioni nel terziario avanzato e nei gruppi multinazionali legati a settori in ripresa e quindi una difficoltà concreta tanto sul piano della rivendicazione salariale, che soprattutto su quella del contrasto dell’assalto ai diritti su orari, flessibilità, malattia da parte padronale.

Altre categorie hanno un margine contrattuale maggiore legato all’incidenza del costo del lavoro sula determinazione del valore dei prodotti o alla professionalità oppure hanno fatto la scelta della via più semplice, con accordi contrattuali costi quel che costi che non hanno niente a che fare con quanto scritto nei propri documenti.

La FILCAMS-CGIL in questo senso è in mezzo al guado. Nel quadro del congresso confederale, la linea sindacale, il programma d’azione e la prassi contrattuale e organizzativa dovranno essere oggetto anche di una specifica riflessione.

Qui entra in gioco Lavoro Società, come aggregazione collettiva di compagne e compagni che vengono dalla esperienza consolidata di un’area sindacale programmatica che è stata per anni il motore propulsivo di una critica e di un rinnovamento della CGIL.

Negli ultimi due congressi, in CGIL come in FILCAMS, Lavoro Società ha rappresentato nella maggioranza congressuale un punto di vista critico ma unitario. Senza sminuire il nostro ruolo, siamo stati dopo esser stati una leva potente del rinnovamento più un pungolo e qualche volta un “guardiano” della linea contro il rischio sempre presente di una deriva opportunista.
Tutto questo non basta a motivare un percorso collettivo che pure è indispensabile per garantire nella CGIL la presenza di una cultura sindacale che riconosce l’antagonismo di classe e il conflitto sociale come motori di qualsiasi lotta per l’emancipazione dei lavoratori e che vede ineludibile il nesso tra lotta e organizzazione sindacale e lotta politica per la trasformazione sociale. Quello che occorre è la ripresa di un confronto che ci consenta di portare collettivamente, a partire dalla nostra impostazione teorica, dalla nostra visione programmatica, un contributo che continui a far vivere in CGIL una opzione democratica conflittuale e di classe traducendola sul piano del programma d’azione rivendicativo anche categoriale.

Di questo discuteremo in una sede seminariale che sarà aperta a tutta l’organizzazione e che organizzeremo entro e non oltre la fine del 2017.


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