il premier dimezzato e il cavaliere ammaccato - di Frida Nacinovich

Specchio specchio delle mie brame, chi è il più amato del reame? Luigi Di Maio. Matteo Renzi, come la regina Grimilde, scruta i sondaggi e scopre un’amara verità. E non è finita: Luigi De Magistris è popolare quanto lui. La regina Renzi perde le staffe, se la prende con i sudditi (il Pd), promette di accelerare sull’innovazione. Walter Veltroni lo guarda, lo abbraccia, lo bacia. Ma il problema resta, e questa volta il premier di Rignano sull’Arno non può nemmeno dare la colpa alla minoranza del partito. In direzione sono stati buoni buoni, zitti zitti, hanno detto che in vista del referendum costituzionale il partito potrebbe - condizionale presente - dare qualche piccolo spazio anche alle ragioni del ‘no’. Staremo a vedere.

Intanto i testimonial della campagna per il ‘sì’ si danno da fare. Giorgio Napolitano e Roberto Benigni intervengono, si agitano, si affannano a dire che la Costituzione è bella ma può essere migliorata. E chi se non il giovane Renzi può farlo? Lo chiede anche l’Europa, il presidente emerito della Repubblica non finisce mai di ripeterlo. E ogni volta che lo dice, Beppe Grillo dà un’occhiata ai sondaggi della Casaleggio e associati e si frega le mani. E bravo Beppe, non sta sbagliando una mossa. Renzi è giovane, Di Maio è ancora più giovane. Maria Elena Boschi è famosa, Virginia Raggi e Chiara Appendino lo stanno diventando. Sergio Staino va a dirigere l’Unità e lui, Beppe Grillo, ha finalmente un artista con cui confrontarsi. Siamo o non siamo nella società dello spettacolo?

Poi però ci sono da amministrare le città. E le ultime notizie dalla Capitale raccontano che anche i giacobini pentastellati, quelli dalle mani pulite, quelli che urlano ‘onestà, onestà!’, si stanno azzuffando come comari. Alla neosindaca Raggi sta antipatica la romanissima onorevole Roberta Lombardi, il sentimento è cordialmente ricambiato. Non parliamo poi dei rispettivi staff. Sembrano cani e gatti. Morale facile facile: tutta la politica è paese.

Chi arrivasse da Parigi, da Madrid, da Berlino (Londra ormai è perduta) penserebbe che il presidente del Consiglio italiano è all’angolo, specialmente dopo la non vittoria alle ultime elezioni comunali. Ma il termine sconfitta non fa parte del dizionario renziano. In questo quadro che cosa risponde il diretto interessato? Matteo Renzi butta via lo specchio e dice papale papale: “se c’è qualcuno che vuole sfiduciarmi e ha una maggioranza alternativa, si faccia avanti”.

Insomma il più bello del reame resta lui. Lo dicono anche Angelino Alfano e Denis Verdini, e sotto sotto lo pensa anche Silvio Berlusconi, il cavaliere ammaccato che, tagliato il traguardo degli ottant’anni, ha deciso che, forse, è arrivato il momento di riposare un po’.

E poi Forza Italia sarà pure in calo, ma resta comunque davanti alla Lega di quell’ingrato di Matteo Salvini, che pensava di fargli le scarpe insieme alla pasionaria della destra Giorgia Meloni.

Dopo di me il diluvio, continua a pensare l’inquilino di palazzo Chigi. Potrebbe avere ragione. Perché non ci sono un governo è una maggioranza alternativi in questo parlamento. Ma - e questo è il paradosso - non ci sarebbero nemmeno se al referendum costituzionale vincesse il ‘no’.

Renzi non potrebbe lasciare palazzo Chigi neppure se volesse (e ammesso che lo voglia davvero, cosa su cui nessuno è disposto a scommettere mezzo euro). Il cavaliere ammaccato e il premier dimezzato, sembra un romanzo di Calvino, è la fotografia della politica italiana nell’estate che finalmente è arrivata. Intanto nel partitone tricolore si pensa tanto e ci si agita di più, ma senza particolari risultati. Chi non resisteva se n’è già andato via (Stefano Fassina e Alfredo D’Attorre), tutti gli altri che sono rimasti non se ne andranno mai.

Si ‘affilano le armi’ per il prossimo congresso, che non si sa quando sarà, ma prima o poi ci sarà. Si vogliono candidare l’ex capogruppo dei deputati dem Roberto Speranza, il presidente regionale toscano Enrico Rossi (un tempo fiero avversario - sconfitto - di Renzi), le ultime indiscrezioni ipotizzano una possibile scesa in campo anche del ministro dei Beni culturali Dario Franceschini.

Sembra davvero la democrazia cristiana dei tempi che furono. Ma lo specchio, implacabile, continua a ripetere che i più belli del reame sono tre, compreso Matteo Renzi. E fra i tre del Partito democratico c’è solo Matteo Renzi.
Peccato che ci siano anche gli altri due, Luigi Di Maio e Luigi De Magistris. E che il paese sia grande, lungo e profondo.


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