Un futuro di appalti, un futuro senza diritti e senza qualità - di Alessandro Rossi

Hanno preso servizio i nuovi Direttori generali di Asl e Aso piemontesi. All’insediamento hanno salutato i loro “collaboratori” medici, infermieri, operatori sociosanitari, funzionari e impiegati di ogni ordine e grado. Tutti sono corsi a tirar fuori dai cassetti i camici migliori e i cartellini identificativi lasciati a lungo nei cassetti. Alla cerimonia mancavano le figlie e i figli di un dio minore, presenze invisibili, non invitate e non volute: i lavoratori e le lavoratrici appaltati, quelli dei servizi che vengono appaltati a ditte private perché non core business, non importanti insomma, le donne delle pulizie, i guardiani, i centralinisti, tanti sportellisti e operatori dei call-center.
I megadirigenti della Sanità farebbero bene a conoscerli meglio ed avere maggiori rapporti con loro; infatti, presto, i lavoratori appaltati saranno la maggioranza e gli ultimi dipendenti pubblici si ritroveranno in una riserva, destinati all’estinzione…
Qualcuno pensa che per “risolvere” i problemi di bilancio della Sanità basti pagare poco, anzi meno di poco, i lavoratori così si ottengono conti in ordine e servizi che girano, si fa per dire…
Il governo ha dato una bella mano bloccandone da anni i rinnovi contrattuali, ma nonostante la campagna martellante contro i “privilegi” dei lavoratori pubblici, questi ultimi con incredibile egoismo paio­no rifiutare ogni ipotesi di lavoro quasi gratuito. Hanno addirittura l’ardire di rivolgersi ai sindacati quando vedono violati quotidianamente i loro diritti!
Ma la soluzione del problema, per gli assessori, è a portata di mano nella sua “semplicità”! Basta esternalizzare tutto l’esternalizzabile con bandi di gara al massimo ribasso, così al massimo da rasentare l’osceno.
E per ottenere servizi pagati al limite della decenza basta tagliare le ore, sforbiciando fino a quando il tempo minimo per pulire una camera di degenza in un ospedale diventa così esiguo che l’operatrice si chiede se potrà passare lo scopettone sotto il letto o se dovrà pulire il comodino.
Ma queste quisquilie non toccano quelli per cui il fine ultimo è avere un bilancio in fantastico pareggio, poco importa se ottenuto con una lungimiranza pari a zero e con la miopia di chi ritiene che il suo compito si esaurisca nell’immediato dei conti che tornano. Poco importa che un ambiente ospedaliero poco sanificato, o sanificato male, significhi l’aumento esponenziale delle infezioni ospedaliere, che porteranno al prolungamento della degenza del paziente colpito, del suo rapido ritorno in corsia dopo la dimissione o peggio…
Quando si tagliano le ore dedicate alle pulizie del 40, 50, 60 per cento si ottengono magari appalti delle pulizie che economicamente sono un capolavoro, ma non si può certo pretendere che in due ore si riesca a fare il lavoro che prima si faceva, a malapena, in quattro.
Se poi queste lavoratrici e questi lavoratori pagate quattro soldi e impiegate due o tre ore la settimana andranno ad ingrossare le file dei lavoratori poveri (coloro i quali pur avendo un regolare lavoro non ricevono un salario tale da consentirgli una esistenza libera e dignitosa) poco importa, e poco importa se i soldi risparmiati sulla loro pelle usciranno dalla finestra, dopo essere rientrati dalla porta, in forma di spese aggiuntive per l’assistenza e di mancato introito fiscale ancora meno. E se poi gli operatori sociosanitari nel bel mezzo di una terapia dovranno dare anche una pulita al pavimento, le infermiere compilare qualche scartoffia mentre inseriscono un catetere e i medici imparare ad asciugarsi il sudore da soli, perché l’infermiere sta sanificando la sala operatoria, pace…
Con lo stesso spirito si procede verso l’affidamento in convenzione a privati, coinvolgendo anche il cosiddetto “privato sociale”. Diamo tutto in mano ai privati, che fanno filare i dipendenti, tanto in maggioranza sono soci lavoratori di qualche bella e sociale cooperativa. In sostanza, perché appaltare pezzo per pezzo, a casaccio qui e là? Appaltiamo l’intero ospedale con tutto il pacco di operatori, operatrici e compagnia. Conviene ed è più veloce. E i pazienti che portino pazienza, se no che pazienti sono?
Abbiamo iniziato questo articoletto con un taglio di amara ironia, o almeno ci abbiamo provato, perché ormai le lacrime le abbiamo piante tutte e cerchiamo anche di sorridere.
Gli scenari descritti non sono esagerati o fuori dal mondo, sono il presente e il prossimo futuro frutto di tagli esorbitanti sui bandi di gara, della guerra spesso persa, delle Direzioni Sanitarie contro le Direzioni amministrative, di una tragica mancanza di lungimiranza, delle ricadute sui servizi che non garantiranno più il minimo essenziale ponendo a rischio la sicurezza e l’integrità della persona, sia essa utente sia operatore, delle ricadute sociali dei lavoratori degli appalti, dell’indiretto disagio e carico aggiuntivo sugli operatori pubblici.
L’idea di privatizzare la Sanità Pubblica è già presente, in forma indiretta, strisciante, sotterranea. Volere appaltare tutto il possibile significa arrivare al punto zero. O sono sciocchi o in malafede; nessuno è in grado di gestire la sanità come un’azienda privata nella quale i profitti devono superare i costi, a meno di speculare sulla vita e sulla morte delle persone.


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