La Grecia preferisce di no - di Riccardo Chiari

“Tutti erano d’accordo sull’ultima proposta che aveva fatto il governo Tsipras. Solo la Germania si è opposta”. Nel giorno post referendum la puntualizzazione di Giuseppina Paterniti, preparata corrispondente da Bruxelles di quel che resta del servizio pubblico televisivo italiano, strappa un altro pezzo della camicia di forza fatta indossare – con le buone o le cattive – a gran parte dei popoli del vecchio continente. Ironia della sorte quella stessa camicia di forza, i trattati di Maastricht del 1993, impediscono alla Grecia di essere buttata fuori dall’area dell’euro. Il sogno di una Germania che, dietro la facciata dell’intransigenza, inizia a pensare che sia finita la festa. Quella che le ha permesso di guadagnare un milione di posti di lavoro - compresi i ben poco dignitosi ‘mini job’ – mentre gli altri paesi dell’eurozona ne perdevano sei.
Ora la linea di confine fra la civiltà di questo pezzo di mondo - nata in Grecia - e la barbarie si è spostata al 20 luglio. Quel giorno la Banca centrale europea dovrà riavere indietro, con mezzo miliardo di euro di interessi, i 3,4 miliardi di un vecchio prestito. Quasi subito girato, in massima parte, ad altri creditori (dalle banche francesi e tedesche alla stessa Bce). Se quei soldi non torneranno indietro, lo statuto di Francoforte imporrà di interrompere anche la cosiddetta “Ela”, linea di liquidità di emergenza, che pure Mario Draghi ha confermato. Anche perché gli Usa e la Russia hanno chiesto che il dialogo vada avanti, e che Atene resti nell’euro. Non dimentiche, entrambe le grandi potenze, della costante secondo cui niente come l’incertezza è in grado di provocare disastri finanziari planetari. Lehman Brothers qualcosa ha insegnato.
Era una scommessa azzardata quella lanciata da Alexis Tsipras, eletto appena sei mesi fa e quindi nel pieno possesso del diritto di governare il suo paese? Per certo la carica dirompente della consultazione, mossa dal principio che in casi di emergenza la decisione finale va al popolo, ha costretto l’intero sistema dei media ad occuparsi dell’argomento. Con risultati per lo più desolanti. Ma l’acqua scava anche il sasso, e qualche goccia di consapevolezza è filtrata anche da qualche tv, qualche radio e un paio di giornali (il manifesto, il Fatto). Così, mentre i greci votavano “no” ad essere presi per il collo pur chiedendo, in stragrande maggioranza, di restare nell’euro, grazie ai format della Sky di Murdoch anche gli italiani hanno potuto esprimersi. In perfetta sintonia con i cugini mediterranei. Guarda un po’.
Vista da sinistra, con un po’ di ottimismo, andrà a finire che la data del 5 luglio, una domenica, finirà sui libri di storia. Magari con il richiamo laterale alla letteratura. All’immortale scrivano Bartleby: “Preferirei di no”.


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