Si fa presto a dire Renzi - di Frida Nacinovich

Il paese reale sta molto peggio di come viene descritto in tv e sui giornali. Al di là delle parole del presidente del Consiglio, i numeri della disoccupazione e della (mancata) crescita sono impietosi, fotografia di una crisi che morde da sei anni. Ben più dolorosa dei denti dell’uruguaiano Suarez sull’azzurro Chiellini. L’Italia del calcio è uscita subito dai mondiali, quella di Renzi fatica tantissimo ad uscire dal tunnel della crescita zero. Le politiche europee di austerità aggravano ulteriormente lo stato di salute dell’intero continente, tanto che da alcuni mesi si parla apertamente del rischio deflazione. Un’autentica iattura, che riduce ancor di più le speranze di un futuro più decente per intere generazioni di donne e uomini costretti a un precariato endemico. Si fa presto a dire Renzi: anche il giovane e scoppiettante presidente del Consiglio può ben poco, rispetto a dinamiche macro economiche incardinate sulla fallimentare ricetta della cosiddetta austerità espansiva. Si può essere cool, smart, trendy quanto si vuole poi però i nodi vengono sempre al pettine. E la polvere rimasta sotto al tappeto dovrebbe portare, in autunno, all’ennesima manovra economica per rimettere i conti dello Stato in linea di galleggiamento. Forte del 40,8% di preferenze conquistato alle elezioni europee, il Pd di Renzi è l’unico motore di un governo che gode della fiducia degli italiani. Conservarla però non sarà facile. Il joker di Rignano sull’Arno se ne rende conto, tanto che punta sulle riforme istituzionali come ricetta salvifica. Ma non saranno certo la riforma del Senato, o una nuova legge elettorale, a rimettere in moto l’azienda Italia che avrebbe bisogno, piuttosto, di coraggiosi interventi pubblici che invece sono rimasti fuori dall’agenda di palazzo Chigi. Nel semestre italiano di presidenza Ue, appena iniziato, Renzi promette un forte cambiamento di prospettiva. Staremo a vedere se il premier italiano riuscirà a convincere i riottosi paesi nordici, Germania in testa, della necessità di adottare quelle che Mario Draghi – nel suo campo – ha definito “misure non convenzionali”. Il presidente della Bce guarda allarmato alla deflazione. Renzi deve guardare al lavoro che non arriva e alla crescita che non arriva.              


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