Gabrielli: “L’obiettivo della contrattazione segue il filo conduttore dell’inclusione anche sperimentando strade per costruire
la stabilità del lavoro”
“Gli effetti delle liberalizzazioni pesano anche sulle aziende medio-piccole che non hanno gli stessi strumenti competitivi per sostenerle e dove, in assenza di qualsiasi contrattazione, i lavoratori continuano a non vedere riconoscimenti economici per la maggiore prestazione e la completa deregolamentazione nella gestione della loro settimana lavorativa”. Lo spiega Maria Grazia Gabrielli, segretaria nazionale Filcams, rispondendo alle domande di Reds. Aggiunge la dirigente sindacale: “Dopo aver condotto per anni, anche in solitudine, una battaglia sul lavoro domenicale e festivo, e va detto che oggi la sensibilità sul tema è comunque cresciuta seppur con spinte contrapposte, è necessario continuare ad agire la leva contrattuale ma anche lavorare per una diversa legge sugli orari che superi il decreto sulle liberalizzazioni”.
Il settore, aggiunge la sindacalista, “ha vissuto e continua a vivere anche di una precarietà che persiste e che alcune volte cambia volto: la precarietà del reddito, del part time, i contratti a termine, somministrati, gli associati in partecipazione e i co.co.pro”.
L’obiettivo della contrattazione, dunque, “segue il filo conduttore dell’inclusione anche sperimentando strade per costruire la stabilità del lavoro: penso – sostiene Gabrielli – a tutta l’attività svolta contro le forme contrattuali atipiche e su cui sono stati fatti importanti accordi dove centinaia di lavoratori hanno visto un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e l’applicazione del contratto nazionale di lavoro”. Si tratta di “un’azione continua che ha prodotto risultati anche nella contrattazione aziendale ma che da sola non è sufficiente, se si pensa ancora alla presenza di lavoro irregolare in ampi settori e la fuga a ribasso per adottare le forme contrattuali più precarie.
La Filcams dichiara che sul salario le piattaforme sono più avanzate rispetto a quanto prospettato nell’accordo separato sulla contrattazione. Molti ne dubitano, facendo calcoli diversi. Che ne pensi?
Possiamo fare una comparazione e approfondire le opinioni divergenti. Il punto vero è che tutti dovrebbero porsi il problema che esiste una questione-reddito e una tassazione sul reddito da lavoro che non riesce a trovare soluzioni e, tanto meno, le risposte adeguate vengono fornite dalle intese che noi non abbiamo condiviso.
Come è problematico, davanti ad una crisi che ancora persiste, riuscire a gestire e non far debordare la trattativa dei rinnovi contrattuali davanti al tentativo, che si ripete ogni volta, di spostare la discussione dalla piattaforma sindacale al problema costo del lavoro, con le conseguenti ripercussione sui diritti e sul salario.
All’interno dei rinnovi contrattuali gioca un ruolo rilevante la questione degli orari; tema particolarmente importante in una categoria nella quale l’utilizzo del part time non è certo secondario. E’ possibile orientare maggiormente il confronto su un più massiccio utilizzo del tempo pieno? Come riuscire a conciliare al meglio tempo pieno e part time?
E’ una battaglia che portiamo avanti da anni e che resta, insieme a tutto ciò che attiene l’organizzazione del lavoro, il tema centrale e sensibile della vita dei lavoratori e della nostra iniziativa contrattuale. Sono vere entrambe le situazioni: da una parte interi settori, come quelli della grande distribuzione, dove il modello organizzativo poggia sul part time con annesse flessibilità spesso “forzate”; dall’altra modelli aziendali opposti che poggiano sul tempo pieno dove il problema per una lavoratrice è quello di poter chiedere e vedersi riconoscere il passaggio temporaneo o definitivo a part time.
E’ evidente come il part time non risponda più ad una scelta volontaria delle persone (questo vale per il settore del commercio e turismo ma ancora di più per i lavoratori che operano in regime di appalto) e che tale prospettiva di lavoro costringe ad una forma anomala di “precarietà nella stabilità”. Infatti, il contratto part time anche a tempo indeterminato limita le condizioni di reddito e conseguentemente condiziona le prospettive di vita così come i requisiti per la pensione.
Negli ultimi rinnovi contrattuali si sono fatti dei passi in avanti per aumentare la base contrattuale del part time. Il problema è però ancora molto presente e punto di forti divergenze con le controparti, perché ogni volta bisogna aprire lo scontro sui modelli organizzativi dell’azienda. E’ necessario continuare così, mantenendo e rafforzando la combinazione tra contrattazione nazionale e contrattazione di secondo livello aziendale come strumenti fondamentali per agire in tema di orari e di organizzazione del lavoro.
In vista di eventuali accordi si pone sempre il tema della validazione delle intese medesime. Qual è la tua opinione sull’effettiva rappresentatività? Come porre all’attenzione con efficacia l’annosa questione della democrazia sindacale? Quanto pesano nella categoria l’intese raggiunte con Confindustria e cooperazione, che rappresentano una parte soltanto delle controparti?
Le intese fino ad oggi raggiunte con Confindustria e con la cooperazione sono un punto di riferimento importante e un passo avanti significativo sui temi della democrazia e della rappresentanza. Democrazia, rappresentanza, validazione degli accordi sono temi imprescindibili che devono trovare declinazione in tutti settori rappresentati dalla Filcams. Per la prima volta si è riusciti ad aprire un tavolo di confronto su queste materie anche in Confcommercio che auspichiamo abbia lo stesso percorso positivo a cui far seguire ulteriori intese. Siamo consapevoli che la struttura spesso parcellizzata e polverizzata di molti settori, come ad esempio gli studi professionali, rende più complesso costruire un sistema di regole su questi temi ma lo sforzo di ricercare i giusti adattamenti va comunque percorso. La validazione delle intese da parte delle lavoratici e dei lavoratori è elemento di democrazia e di certezza; una norma di civiltà ed esercizio del diritto di voto per chiudere un capitolo di scelte che non ha visto il coinvolgimento dei diretti interessati e che ha prodotto divisioni tra i lavoratori e le organizzazioni sindacali.