Berlusconi minaccia di spezzare il governo. Così facendo divide il partitone democratico. Matteo Renzi e chi lo sostiene aspettano la caduta del governo seduti sulla sponda del fiume, come nel vecchio proverbio cinese. Enrico Letta può contare sull’appoggio del Quirinale che farà di tutto per evitare nuove elezioni a un anno dalle precedenti. Una politica complicata, nelle peggiori tradizioni italiane. Si fa presto a dire Democrazia cristiana, poi però bisogna saper condurre il gioco così come ha fatto per cinquant’anni il partito di De Gasperi, Fanfani, Moro e Andreotti. Quello di Cuperlo, Renzi, Civati e Pittella, attuali candidati alla segreteria democrat, ha molte difficoltà. Va a finire che l’assemblea per decidere il percorso congressuale si trasforma in una sorta di riunione permanente, pause ridotte al minimo, lista degli interventi lunghissima, discussioni accanite. Quando si arriva al novantesimo (più recupero) nulla è cambiato. Lo statuto resta così come è, il regolamento rimane quello del 2009, le primarie saranno l’8 dicembre, giorno in cui iscritti e simpatizzanti del partitone tricolore decideranno il successore di Pierluigi Bersani e di Guglielmo Epifani. Il nuovo segretario del Pd sarà anche il candidato premier, non l’unico ma sicuramente il netto favorito. Certo, lo era anche Bersani e poi è andata come è andata, visto che il governo l’ha fatto il suo vecchio vice, Enrico Letta.
In questo quadro la variabile impazzita rappresentata da Silvio Berlusconi fa sognare i sostenitori del voto anticipato, in particolare quelli che anelano Renzi a palazzo Chigi. Il leader in pectore freme, cerca di tenersi a freno ma invariabilmente finisce per criticare il governo guidato dall’amico Letta. Poi si cuce la bocca perché sa che qualsiasi parola – in un momento a lui favorevole – potrebbe essere controproducente. Il messaggio che il sindaco di Firenze vuol far passare è chiaro: io garantisco che non ci alleeremo con Berlusconi, loro invece ci fanno il governo insieme. Curiosamente la stessa linea di condotta seguita da Bersani appena dodici mesi fa. C’è un solo ostacolo sulla strada del ritorno alle urne. Il problema è che si tratta di un macigno: la legge elettorale. Tutti i sondaggi raccontano che le tre principali forze politiche – Pd, Pdl e M5S – si dividono più o meno equamente il favore della massima parte dell’elettorato. Conclusioni: restando in vigore il porcellum il risultato di nuove eventuali elezioni sarebbe identico a quello che ha portato alla larga coalizione Pd-Pdl. Che fare? Le ultime dai palazzi della politica ipotizzano un governo Letta-bis di emergenza, con un unico compito di approvare la legge di stabilità e licenziare una nuova legge elettorale. Ma per la sua approvazione occorrerà sempre e comunque il placet del Cavaliere, che resta così al centro della ruota della politica italiana.